Intervistato dalla televisione in occasione dell’inaugurazione del Grattacielo Pirelli di Milano, Giò Ponti afferma che l’Architettura per nascere ha bisogno di un padre e di una madre, la madre è l’architetto, il padre è il committente. Dalla loro intesa e armonia nasce una costruzione ben fatta”. La stessa citazione dal Filarete, l’ha fatta Cino Zucchi durante il suo intervento nel corso delle premiazioni di Inarchitettura 2020, sottolineando così un aspetto peculiare del Concorso che mette sullo stesso piano committente e progettista.
Per questo la Villa BOÈ, che ha ottenuto il Premio speciale Willis Towers Watson, è esemplare, purtroppo raro, di una intesa rispettosa tra queste figure.
Spesso il committente come diceva Giuseppe Terragni è il principale nemico dell’architetto. In questo caso invece il “Signore dell’edificio”, per citare sempre il Filarete, ha saputo dare all’architetto “madre” il suo modello di abitare e ha lasciato che il sapere specifico di chi progetta si potesse esprimere liberamente nella costruzione.
L’area di intervento era un piccolo frammento dell’antico e ormai irriconoscibile paesaggio agrario a fasce della collina più prossima al mare, occupato da una vecchia serra.Attorno ad essa episodi edilizi di ineguale valore succedutisi nel corso del secolo passato.
Per questo nuovo piccolo fabbricato si sono utilizzati criteri di sobrietà e leggerezza nell’articolazione dei piani e nella composizione del volume. La costruzione si sviluppa su due livelli in modo da lasciare in adiacenza un significativo spazio libero che confermi il rapporto edificato / giardino che caratterizza l’intorno nei suoi migliori episodi.
La copertura è piana e finita con uno strato di verde pensile, non per mimetismo ma per esaltazione del carattere appartato, sobrio, curioso e cortese della costruzione.
La finitura delle facciate è in intonaco bianco mentre tra i materiali impiegati per gli elementi esterni troviamo una alternanza di pietra, erba e legno. Questi ingredienti interagiscono armoniosamente tra loro: per i percorsi esterni si è optato per la pietra di Luserna, utilizzata anche per le pedate delle rampe a sbalzo e il legno, che prosegue a rivestimento come un taglio nel verde.
Il fronte di levante e sud è segnato da una ampia finestratura ad angolo in modo da manifestare uno sviluppo unitario e una continuità percettiva e funzionale. Tali pareti sono quelle che alimentano la casa di sole, di luce e di aria.
Lo studio dell’illuminazione ha interessato sia gli spazi interni che quelli esterni. Attraverso soluzioni illuminotecniche le facciate e i percorsi definiscono l’ambiente notturno che circonda l’edificio ed esaltano i dettagli con un meticoloso direzionamento della luce.
Gli elementi di finitura risultano estremamente leggeri ad evitare al massimo la loro invasività. Per questo motivo i parapetti in ferro corten si alternano con estrema linearità alle lastre in vetro. La trasparenza del prospetto, ribadita anche al piano terra segna una forte integrazione tra interno ed esterno.
La villa è dotata di un completo sistema di domotica per il quale ha conseguito un secondo Premio Speciale di Inarchitettura 2020, quello assegnato da Vimar.